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DORALINDA: IL FILO TENACE DELLA BELLEZZA
Una favola teatrale che unisce avventura, storia e territorio, tra riflessione e speranza.

Per ogni spettacolo, raccontare la trama è una operazione tanto possibile quanto limitante: si possono facilmente riepilogare i fatti salienti della vicenda a cui si è assistito, ma come rendere tutto ciò che resta rispetto al testo ed alla storia, ovvero quel “di più” che poi rappresenta la sostanza stessa del teatro? Nel caso di uno spettacolo come Doralinda, il concetto di trama sfugge testardamente alle categorie astratte, per recuperare il significato materiale del suo termine d’origine. La protagonista in scena dipana il suo filo, intrecciandolo con abilità coltivata, proprio come un cantastorie del tempo immemore dona corpo e voce ai suoi personaggi, dosando ad arte tempi e piani del racconto tra le forme labirintiche di una trama epica.
Nel caso in questione, il mestiere tessile non è solo metafora di narrazione o creazione sapiente, poiché la protagonista dello spettacolo è effettivamente una tessitrice, di nome Doralinda, e la sua vicenda diventa un viaggio nello spazio e nel tempo, procedendo ovvero tra “storia e geografia” dell’artigianato tessile abruzzese. Il racconto di Doralinda alterna costantemente i tratti della fantasia e del documento, ed il riferimento alla realtà dell’artigianato locale rappresenta un motivo strutturale dell’intero progetto, che nasce dalla collaborazione tra Florian Teatro, Officina delle Invenzioni (Arago Design) e le associazioni La Galina Caminante e La Ginestra.
La finalità di un tale concorso di esperienze e linguaggi è quella di rivalutare la tradizione abruzzese, riprendendone le storie, i simboli e le “eccellenze” per offrirli principalmente –ma non esclusivamente- alla conoscenza delle generazioni più giovani. Non a caso, il nucleo narrativo di partenza è dato da una favola –composta da Dario Oggiano- e la struttura favolistica pervade effettivamente l’intero spettacolo, costruito a sei mani nel testo e nella regia da Isabella Micati, Flavia Valoppi e Alessio Tessitore. Questa lavorazione composita e collettiva ribadisce ulteriormente la tematica artigianale che viene incorporata dagli autori prima che resa all’esterno, esperita più che meramente esposta. Ed allora, come è possibile solo in seguito ad una ricerca approfondita, il lavoro di scena può procedere per sottrazione, elaborando segni densi ed immediati, ad iniziare dalla pittorica solitudine di Doralinda -una Flavia Valoppi ispirata, oltre che eclettica ed estremamente precisa nelle evoluzioni sceniche- a contrastare con il lavoro d’insieme sullo sfondo di un “palcoscenico versatile”.
La versatilità del palcoscenico si riferisce in prima istanza alla presenza degli svariati oggetti di scena, tutti partecipi attivamente dell’azione fortemente dinamica della protagonista, e tutti recuperati dall’artigianato nostrano più tradizionale (gomitoli, piatti, materiali e strumenti di lavoro etc.). Ma c’è un secondo piano di versatilità da ascrivere alla scena, poiché si tratta di un set progettato come ambiente indipendente, trasportabile al di fuori di un contesto teatrale. A conferma della sua genesi laboratoriale, Doralinda è un progetto di spettacolo teatrale pensato per la cornice privilegiata dei musei, dei luoghi d’arte e di tutti i contesti vocati alla conservazione della bellezza.
E qui si apre un ennesimo livello: Doralinda è sì una favola, ma tra le forme pastellate del racconto riluce, a ben vedere, la traccia di un discorso politico di fondo, che mette in scena la lotta instaurata contro il lavoro manuale dal potere, dal capitale e dall’industria. Anche quest’ultima lettura si rivela tuttavia solo apparentemente esaustiva, per uno spettacolo progressivamente sospeso tra lievità ed accumulo, quanto meno sul piano contenutistico. La rotta maestra del lavoro rimane tuttavia il linguaggio teatrale più autentico ed ogni doppio fondo o sottotesto tematico resta saggiamente sottotraccia rispetto al gioco sensoriale: il lavoro attorico si fa mestiere umile e concreto alla stregua del lavoro artigianale. Doralinda si sdoppia in personaggi altri, ora parodici ora arcani, ma anima anche presenze immateriali, interlocutori invisibili, impalpabili come spesso appare la folla che giudica di nascosto. E così la storia di un’ultima tessitrice dell’entroterra abruzzese può alludere anche alla dimensione dell’artista ghettizzato nella sua solitudine e strumentalizzato dal potere, allorquando ciò risponde ad un interesse politico tangibile.
La bellezza ha un prezzo? Ma soprattutto, la bellezza ha un valore? Come nel teatro classico la svolta è affidata ad un deus ex machina, che in questo caso risponde al nome della “musa ovina”, genia fantastica di pecora dal vello decorato. Ma come in tutti gli intrecci, sia classici che moderni, la via per la salvezza conduce la protagonista attraverso un intrico di peripezie, dentro la forma proverbiale del viaggio avventuroso. Qui, per effetto di un incantesimo rovesciato, torniamo di colpo con i piedi saldamente a terra, perché i luoghi tra cui la tessitrice dipana ora il suo cammino rischioso come prima il suo filo, sono i toponimi del nostro entroterra abruzzese, a partire da Taranta Peligna, sede iniziatica della vicenda, nonché depositaria dell’arte della tessitura, che secondo la leggenda l’uomo ha appreso dai ragni, dalle tarantole.
Più di mille parole comunque contano le suggestioni sonore e visive, come le sequenze in cui il corpo dell’attrice diventa esso stesso attrezzo di lavoro, fuso nell’azione con i materiali del mestiere, oppure la bellissima scena in cui appaiono finalmente le muse ovine, rese nella forma semplice ed artigianale di batuffoli candidi, capaci di ritrarsi schivi o di avvicinarsi infine, all’interno di un dialogo con la protagonista ove si riesce in pochi centimetri a rendere la profondità di spazi naturali sterminati. Il tutto nel bianco dominante dell’allestimento, simbolo denso e compatto di una purezza antica, anzi atemporale, e dunque anche fortemente nostra. E’ questo dopotutto il messaggio più intimo della coraggiosa Doralinda.
Paolo Verlengia

Doralinda e le muse ovine, 22-25 Novembre 2014, Aurum (Sala Barbella), Pescara

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