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Visualizzazione dei post da maggio, 2015
VIVERE, MORIRE, RECITARE. MA SOPRATTUTTO, ESSERE QUI E ORA Stefano Cenci parte da Sarah Kane per ripensare regole e senso del fare teatro oggi Ofelia 4 e 48 di Stefano Cenci chiude il cartellone “Flussi” 2015 di Florian Metateatro, preparando il terreno alle proposte di una stagione estiva che si preannuncia non meno ricca. Allo stesso tempo si tratta dell'ultimo titolo dell'interessante ciclo “L'Europa è qui”, dedicato alla drammaturgia internazionale, dato che lo spettacolo parte da un lavoro su Psicosi delle 4 e 48 di Sarah Kane, testo reso mitico dal carisma “maledetto” dell'autrice e dalle connessioni intime con la sua prematura scomparsa. Testo ultimo e terminale, datato 1999, con cui la più promettente drammaturga europea sanciva in termini perentori la fine di un intero millennio di civiltà teatrale, e non solo. Ma chi è l'autore di Ofelia 4 e 48 ed in quali rapporti si pone precisamente lo spettacolo nei confronti del testo di Sarah Kane? Dici
“ AUTODIFFAMAZIONE”: SENZA VELI, SE NON DI PAROLE Lea Barletti e Werner Waas portano in scena uno dei primi testi di Peter Handke Che fine ha fatto Peter Handke, il mitico collaboratore di Wim Wenders ai tempi de Il Cielo sopra Berlino , lo spirito polemico che snobbava gli inviti del glorioso Gruppo '47, lo scrittore che preferiva la solitudine di una elitaria torre d'avorio all'immagine dell'intellettuale impegnato nella società? Gli ultimi avvistamenti ufficiali vogliono Handke attualmente accasato in Francia, ma non è questo il punto: il rumore delle sue provocazioni negli anni '60 contrasta con l'eremitico silenzio che circonda ormai da decenni il nome dell'autore austriaco. Silenzio rotto per lo più dalle polemiche innescate dalle sue discutibili posizioni filo-serbe nella guerra dell'ex Jugoslavia, che non dalla notizia degli importanti riconoscimenti ottenuti più recentemente (Premio Kafka nel 2008 e Premio Ibsen nel 2014), a conferma
LA RICETTA DELL'UTOPIA TARGATA “NUOVE OFFICINE” Tra ricordo e speranza, il nuovo progetto della compagnia romana Il tratto distintivo di uno spettacolo come Cara Utopia è rappresentato dalla centralità di due elementi: la storia ed il personaggio. Rovesciando l'apparente assertività politica del titolo, l'azione si muove in realtà sulle note della semplicità più verace, oscillante tra momenti di comico, tragico e lirico calibrati con precisione finanche geometrica attorno ai ricordi della protagonista, una umile cuoca di origini pugliesi, sbarcata forzatamente a Roma ingenua ventenne ed oggi attempata testimone di una stagione di sogni ingenui, eppur tenaci. Claudia Crisafio regge da sola una scena resa più ampia da una scenografia volutamente sottodimensionata, con una performance di grande dispendio fisico ed energetico, che lascia presagire la mano di una regia forte realizzata da Marianna Di Mauro. Ecco allora che inizia ad affiorare l'aspetto più in