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Visualizzazione dei post da 2014
ART MONASTERY PROJECT: IL SACRO, QUI E ORA Tra spiritualità ed arte, il progetto statunitense chiude a Pescara la sua tournée internazionale La dicitura un po’ logora di “teatro sperimentale” ritrova istantaneamente la sua pienezza di senso di fronte ad uno spettacolo come Prime – The Fruit of the Stone , andato in scena ieri sera sul palco del Florian. Ancor più, i canoni dell’esperimento si addicono al progetto di cui lo spettacolo è esito, ovvero l’Art Monastery Project, ideato alla fine del 2006 da un nucleo di artisti americani interessati all’esperienza interiore del processo creativo, di cui la performance finale non è che conclusione. Di qui l’idea di avvicinare la regola della vita monastica alla creazione artistica, sulle basi comuni dell’etica, della spiritualità e della contemplazione. E se la spiritualità degli artmonks (ovvero, letteralmente, i “monaci dell’arte”, a designare gli artisti aderenti all’esperienza di Art Monastery Project) va intesa in sens
DORALINDA: IL FILO TENACE DELLA BELLEZZA Una favola teatrale che unisce avventura, storia e territorio, tra riflessione e speranza. Per ogni spettacolo, raccontare la trama è una operazione tanto possibile quanto limitante: si possono facilmente riepilogare i fatti salienti della vicenda a cui si è assistito, ma come rendere tutto ciò che resta rispetto al testo ed alla storia, ovvero quel “di più” che poi rappresenta la sostanza stessa del teatro? Nel caso di uno spettacolo come Doralinda , il concetto di trama sfugge testardamente alle categorie astratte, per recuperare il significato materiale del suo termine d’origine. La protagonista in scena dipana il suo filo, intrecciandolo con abilità coltivata, proprio come un cantastorie del tempo immemore dona corpo e voce ai suoi personaggi, dosando ad arte tempi e piani del racconto tra le forme labirintiche di una trama epica. Nel caso in questione, il mestiere tessile non è solo metafora di narrazione o creazione sapiente, po
COMICO, TRAGICO O GROTTESCO? SEMPLICEMENTE SHOW Con “Primi passi sulla Luna”, Andrea Cosentino apre fragorosamente la stagione di Florian Teatro Partenza accelerata per la nuova stagione del Florian, che vara l’annata teatrale 2014-15 con il ritorno in Abruzzo di Andrea Cosentino, artista di pura origine nostrana da lungo tempo assente dai territori d’origine. Il peregrinare tipico del mestiere d’attore ha infatti condotto Cosentino ad affermarsi progressivamente nei circuiti off dell’intero territorio nazionale ed in particolare in quelli della scena capitolina, fino a condurre spesso con sintesi giornalistica ad una sua affiliazione automatica nella categoria della cosiddetta “nuova drammaturgia romana”, quella vicina eppure alternativa agli eredi del teatro di narrazione. Tuttavia la verbalità scenica che fa quasi da corpo agli spettacoli di Cosentino non manca mai di rimandare con dati precisi al suo effettivo percorso biografico ed artistico, dalle sue origini abruzzesi al
GENITORI, FIGLI, FRATELLI: DRAMMATURGIA DELLA CRISI SECONDO I DALLA VIA Finalmente a Pescara i vincitori del Premio Scenario Dal Nord-Est con furore. Il titolo ad effetto sarebbe quanto mai facile e pertinente nel caso di Mio figlio era come un padre per me , messo in scena lo scorso 10 Aprile presso lo spazio Matta di Pescara dal sodalizio artistico e famigliare formato da Marta e Diego Dalla Via. Ciò che colpisce e seduce in soluzione immediata è per l’appunto la carica iconoclasta e destruente su cui poggia questa satira impietosa rivolta al Veneto filo-secessionista, ma tramite questo all’intera categoria della provincia italiana ed ancor prima al provincialismo diffuso oltre ogni limite territoriale entro le sostanze di una cultura nazionale viziata da una esiziale tendenza allo sguardo retroverso. Il topos drammaturgicamente sempreverde del conflitto generazionale si intreccia con la problematica della crisi economica, innescando l’ulteriore rimando formale al tema clas
IL SAPORE DELL’ARTE E L’ESSENZA DELLA CREAZIONE Debutta a Pescara il recital di Carlo Vanoni “L’arte è una caramella” Qual è la funzione del teatro? Quali le sue regole e le sue convenzioni imprescindibili? E fino a quali limiti esse sono elastiche o al contrario quanto sono conservative e rigide? E’ tale il coacervo di quesiti sollevato dal recital proposto da Carlo Vanoni ed andato in scena a Pescara in anteprima nazionale nella sua forma compiuta e definitiva. Ed è già difficile individuare la definizione più appropriata per un format decisamente ibrido. Stiamo parlando di uno spettacolo? Di una conferenza? Di una lectio magistralis o di una visita guidata entro i meandri fluidi di una esposizione virtuale adatta agli strumenti ed alla comunicazione del terzo millennio? Il titolo, L’arte è una caramella , gioca ad aggiungere quote di dubbio sulla natura specifica dell’evento, benché tradisca una traccia inconfutabile di informazione: l’oggetto di osservazione è il mondo dell’
“CINQUE AGOSTO”: POTERE LOCAL DELLA PROVINCIA, VALORE GLOBAL DELLA MEMORIA Debutto trascinante per lo spettacolo scritto, diretto ed interpretato da Serena di Gregorio  C’è sempre un interesse speciale per la prima di uno spettacolo, come per effetto di una sorta di legge non scritta, incastrata nei meccanismi stessi del teatro assieme alle assi, alle funi ed alle luci di scena. L’interesse si fa ancor più speciale però se il debutto riguarda uno spettacolo finalista del “Premio Scenario”: l’ufficialità della dicitura in questo caso sta infatti ad inglobare un processo creativo estremamente lungo e selettivo, secondo il quale i progetti inediti di artisti esordienti devono superare una concorrenza sempre più folta ed agguerrita, lungo un percorso strutturato in molteplici fasi di sbarramento sotto il giudizio di commissioni via via diverse, ma sempre composte da operatori teatrali intenzionati a valutare la fattibilità scenica dei lavori esaminati.   Lo sa bene Serena Di Gregorio
TRA (IN)VISIBILITA’ E VISIONE, UNA FIABA IN FORMATO TOUCH SCREEN Record di presenze all’Aurum per La Bambina dei Fiammiferi , la favola “sensoriale” di Mario Fracassi Quando ci si accinge a raccontare uno spettacolo come La bambina dei fiammiferi di Mario Fracassi si comprende subito di aver intrapreso un percorso complesso. In primo luogo perché si intravede immediatamente la difficoltà del tutto speciale che subentra quando la ricostruzione logica per mezzo delle parole deve misurarsi con la materia irriferibile dell’esperienza diretta; in secondo luogo perché alla difficoltà di carattere tecnico fa presto seguito una sensazione di pudore: non è facile, ma forse neanche giusto raccontare, come quando si ha premura di non rivelare i termini di un patto segreto. Intimo. In questa condizione è allora il caso di affidare l’espressione alle ragioni di questa difficoltà e di questo pudore. Entrambe le reazioni riconducono d’altronde alla categoria di teatro sensoriale , che defi