IL
COLORE SEGRETO DELLA VERITA'
Gabriele
Ciaccia riporta in scena Silone per la rassegna “Teatro e
Letteratura” del Florian
Con
Il Segreto, Gabriele Ciaccia compie l'operazione meritoria di
riaggiornare l'attenzione sull'opera di Ignazio Silone, personaggio
intimamente legato al nostro territorio, ma non per questo
provinciale. Anzi, l'interesse primo che si irradia dalla figura di
Silone è dato proprio da questo doppio filo che lega l'immagine
isolata/desolata di un Abruzzo rurale con la dimensione assolutamente
internazionale del suo cantore. Ad iniziare dalla segretezza
che ne vela il nome, il profilo di Silone (psuedonimo di Secondo
Tranquilli) è votato all'intensità di un'esistenza “vissuta
pericolosamente”, prima come attivissimo rappresentante del
nascente Partito Socialista Italiano, poi -dopo la spaccatura del
1921- come co-fondatore del PCI, con importanti incarichi e missioni
estere, che hanno alimentato persino lo spettro di un Silone
doppiogiochista machiavellico, niente meno che spia per la polizia
segreta del regime fascista. Al di là dei cascami revisionisti, la
centralità dell'impegno politico in Silone fu indubbia, tanto da
permettere solo tardivamente l'affiorare di un interesse attivo verso
la letteratura, come calco in cui riversare quella medesima passione
civile ed il medesimo impegno etico che la disillusione politica
aveva lasciato orfani, ma non sopito.
Per
il Teatro dei Colori la valorizzazione delle ricchezze artistiche e
culturali del territorio non è operazione nuova, visto che la
denominazione medesima del centro avezzanese è un omaggio diretto
allo studioso sulmonese Achille Ricciardi, attivo in seno
all'avanguardia futurista con inestimabili premonizioni sugli
utilizzi della luce e del colore in teatro. Con Il Segreto,
Gabriele Ciaccia -direttore artistico di Teatro dei Colori ed
interprete unico in scena- riprende un lavoro prodotto in
collaborazione con il Centro Studi Siloniani nel 2008, in occasione
del trentennale della morte di Silone. L'occasione propizia viene
oggi presentata dall'interessante rassegna “Teatro e Letteratura”,
voluta da Florian Metateatro all'interno di un cartellone (Flussi
2015) caratterizzato dalla co-presenza di diverse aree tematiche (si
segnalano tra l'altro le sotto-rassegne: “L'Europa è qui”
dedicata alla drammaturgia straniera; “Nuova Drammaturgia” focus
sugli autori inediti o emergenti; infine una pagina “storica”,
con due spettacoli dedicati rispettivamente al 70° anniversario
della II Guerra Mondiale ed al Centenario della Prima Guerra
Mondiale).
Il
Segreto ripropone dunque un tema fondativo del Novecento teatrale
tutto: l'adattamento della narrativa in teatro, con la declinazione
di un “teatro epico” fatto spesso di puro racconto (o
“narrazione”). Nel nuovo millennio l'istanza procede e si rinnova
nella forma di un quesito circa la legttimità del teatro di
tradizione e quella alternativa di un teatro “post-drammatico”.
L'operazione
è dunque di sicuro interesse da ogni punto di vista, dal generale al
particolare. Venendo a quest'ultima categoria, la primissima
impressione che sorge dallo spettacolo di Gabriele Ciaccia è quella
della restituzione di un linguaggio, che peraltro sorprende
positivamente. Stiamo parlando naturalmente del linguaggio teatrale,
proposto senza remore né timori al suo grado zero, senza mutilazioni
o adulterazioni post-avanguardistiche. Torna la primarietà di
ingredienti semplici -mai di certo banali- come il significato del
buio, che a sua volta ripristina il valore della luce che subentra,
ricentrando soprattutto l'attenzione sul quando e sul come tutto ciò
accada. Torna ovvero l'idea forse ingenua di uno spettacolo che è
fenomeno multi-sensoriale condiviso nello stesso luogo e nello stesso
tempo dal pubblico, il quale vi partecipa con una gamma eterogenea di
ricettività. E se si può obiettare che i medesimi ingredienti sono
in fondo contenuti in tutti gli spettacoli -da quello di ricerca a
quello dopolavoristico, da quello di figura a quello politico o di
parola- quel che qui si intende affermare è il valore protagonistico
di cui vengono investite nel lavoro di Ciaccia le componenti di base
del linguaggio teatrale, i suoi segni elementari ed i suoi colori di
base.
In
scena lo sguardo è catalizzato dalla presenza di pochi oggetti,
pregnanti perché selezionati in virtù della loro funzione teatrale.
Due sedie di legno, più due sgabellini nell'angolo, che richiamano
ritualità povere di un Abruzzo che sopravvive solo nei piccoli paesi
dell'interno. Lo schema doppio degli oggetti che si richieggiano,
viene rotto in proscenio dalla solitarietà di una pietra bianca,
isolata e dimentica, ma esaltata dalla posizione in linea con l'asse
sbilenco di un piano luci dinamico, volto a sottolineare i diversi
passaggi del montaggio, ora psicologici ora strutturali e narrativi.
E' questa la porzione più convincente dell'allestimento; completano
il quadro elementi più strumentali, come il tavolo laterale, il
libro, la brocca, il bicchiere ed una parete angolare infine, a
delimitare la scena come le mura di una prigione, ma anche di una
casa di paese: fragili e brulle eppur capaci di sigillare per decadi
una verità incomoda, trasformandola in segreto. La solitudine
dell'attore in scena trasmuta allora in figurazioni plurime sui vari
livelli semantici e semiotici che si aprono: l'isolamento
dell'intellettuale Silone, la scissione dell'io imposta violentemente
dall'ideologia ottusa, quindi lo sdoppiamento nei due personaggi
centrali dell'azione, che altro non sono poi se non due nuove
solitudini, tutte interne alla narrazione questa volta: l'indagatore
Andrea -che fugge dal mondo spinto dal richiamo della verità- e
quella di Luca, personaggio eremitico, ermetico, finale.
E'
questo confronto duale, quasi bipolare che si attende per l'intera
durata dell'azione, sospeso sulla trama resa lenta dalla ritrosia di
paese. La Marsica evocata dal coro siloniano di macchiette e comparse
ci sorprende con la purezza mediatica che cinema e televisione ci
hanno erroneamente abituato ad attribuire solo ad un'immagine
stereotipata di Sicilia.
Gabriele
Ciaccia opera una scelta insolita pescando un testo tardivo di
Silone, lasciato spesso nell'ombra da titoli totemici come Fontamara
o Vino e Pane. Il Segreto di Luca rivela note moderne
e profonde di assoluto interesse per la messinscena, dove l'asperità
e la denuncia sanno lasciare spazio allo scavo nell'umano non solo di
tipo sociale o psicologico, ma poetico. Il segreto tenuto da Luca
(protagonista suo malgrado di una vicenda da cui tenta testardamente
di escludersi) è protezione ad un amore impossibile e disumano, tale
che solo ad un essere umano si rende possibile.
Paolo
Verlengia
Gabriele
Ciaccia “IL SEGRETO”, 27 marzo 2015 - FLORIAN ESPACE, Pescara
Commenti
Posta un commento