CRONACHE DI UN FUTURO CHE FU
Con “Cadrà Dolce la Pioggia”
un omaggio a Ray Bradbury, padre della fantascienza classica
Teatro dei Colori torna
alla formula del “romanzo teatrale”, dopo l'adattamento operato
su Silone, riproposto nella stagione passata (Il Segreto di e
con Gabriele Ciaccia). La nuova produzione affidata alla regia di
Valentina Ciaccia prosegue nel medesimo solco, ma allo stesso tempo
prova a sperimentare una cifra indipendente. Così, se è
riconoscibile un utilizzo della luce psicologica che è organico al
linguaggio ormai consolidato della formazione marsicana, la
trattazione del materiale narrativo mostra un approccio ed una
ricerca differenti. Cadrà dolce la Pioggia non va ad indagare
nei piani alti della letteratura colta né si fa attrarre dal piglio
para-giornalistico del teatro d'impegno civile. Per contro, con la
sfrontatezza ma anche la freschezza dei suoi anni, Valentina Ciaccia
si rivolge appassionatamente al genere bistrattato della
fantascienza, quell'impasto ovvero di emozioni forti, colori
metallici e figure deformate da dare in pasto al pubblico più pigro.
In realtà, superando i pregiudizi oziosi, si tratta di un genere che
-pur nato dalla visione contemporanea- è il più prossimo alla
dimensione del mito, riuscendo di conseguenza ad ospitare quesiti
universali e senza tempo per il genere umano; più in generale, ogni
rivalutazione profonda della produzione paraletteraria (i cosiddetti
generi di “serie B”) è indice di effettivo acume, il che non è
fattore generazionale.
Sul piano drammaturgico,
Cadrà dolce la pioggia non consiste nella trasposizione
monolitica di un unico racconto o di un unico romanzo di Bradbury;
per contro, la regista (che firma anche la drammaturgia) sceglie la
via del viaggio per quadri e frammenti estratti dal vasto macrotesto
dell'autore (è rivelatore in questo senso il sottotitolo “Frames
from Bradbury”). Vengono così a scorrere ed a
miscelarsi passaggi dalle Cronache Marziane fino al capolavoro
Farenheit 451, rivelando nel complesso un Bradbury meno
conosciuto o meno evidente. Il procedimento di selezione e
riscrittura attuato da Valentina Ciaccia mira a porre in risalto lo
strato umanistico che attraversa la scrittura bradburyana proprio
perché gioca sulla misura del frammento, ovvero del racconto
incompiuto, misura che qui si raggiunge sottraendo i riferimenti
didascalici e sopratutto gli esiti finali delle vicende attraversate.
Non più tesa alla scoperta del “come va a finire” l'attenzione
dello spettatore non può che concentrarsi -con lucidità brechtiana-
sugli andamenti interni al singolo episodio.
Per dare corpo a questa
operazione, Valentina Ciaccia si affida alla presenza di Lino
Guanciale, attore marsicano lanciato ormai con successo galoppante
sul fronte del cinema e della fiction televisiva, ma mai dimentico
della dimensione del palcoscenico. La scena spoglia risalta
l'individualità dell'attore nella sua solitudine quasi adamitica,
mentre i fasci di luce colorata ridisegnano continuamente le linee
dello spazio e proiettano ombre dalla profondità cangiante. I
residui elementi scenografici sono tutti a terra e sono in realtà
puri testimoni della materia elementare. Acqua, carta, sabbia
diventano visibili e simbolicamente significanti allorquando vengono
agiti dall'attore, ma costruiscono principalmente la linea
interpretativa del progetto di Valentina Ciaccia: una fantascienza
senza effetti speciali, incentrata integralmente sul quesito
dell'identità umana, nel rapporto dialettico fra noto e ignoto, tra
ciò che è e ciò che diventerà.
Completano la cifra
semiotica del lavoro una colonna sonora pressoché costante (si
riconoscono tra gli altri Philip Glass, Morricone, Radiohead, Nine
Inch Nails) e la proiezione di una raccolta di diapositive curata da
Gabriele Ciaccia.
Paolo Verlengia
Cadrà Dolce la Pioggia
(Frames From Bradbury)
con Lino Guanciale, regia Valentina Ciaccia
Pescara, Auditorium
Flaiano, 4 Novembre 2014
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