ACQUA
DI COLONIA di Frosini/Timpano
Andato
in scena il 5 maggio 2017 al Florian Espace, Pescara
Diciamolo
subito, prima di ogni riflessione o descrizione più o meno
dettagliata. “Acqua di Colonia” è uno spettacolo formidabile, e
formidabili sono in scena Daniele Timpano ed Elvira Frosini. Oppure
Elvira Frosini e Daniele Timpano, per fare eco alla dinamica del
gioco che resta immancabilmente addosso dopo la fine dello
spettacolo. Un po' come dibattersi tra Sàlgari e Salgàri alla
ricerca della pronuncia più corretta, come avviene in scena ad un
certo punto, anche se ogni citazione di singoli frammenti
estrapolabili da “Acqua di Colonia” non potrà che risultare
restrittiva.
Colpisce
infatti la mole di evocazioni e riferimenti, dall'alto al grave,
rispetto ad un intero pezzo di storia analizzato e portato in scena
con freschezza ed intelligenza rare anche al di fuori degli ambiti
dello spettacolo. Ma la voluminosità contenutistica non è un
risultato che si riveli solo alla fine dello show:
sin dai primissimi momenti il lavoro di Frosini e Timpano appare
stratificato in soluzione assolutamente densa, somministrato con una
frequenza altissima in termini di ritmi recitativi, dove il dialogo
scoppiettante si alterna sempre più spesso a tirate monologiche in
cui il termometro della verve non si abbassa minimamente. Sul
piano estetico è questo il dato più rilevante: una omogeneità
ritmica pressoché totale e monolitica lungo l'intera durata dello
spettacolo, spezzata solo da un paio di cesure che difatti non creano
effetti di modulazione ma vere e proprie fratture, sicuramente
intenzionali, che lavorano sulla percezione del pubblico in maniera
forte al pari dell'energia altissima sprigionata dagli attori.
E
se poco più sopra si è utilizzato il termine show ciò non
va inteso come categoria riduttiva, ma solo come etichetta che renda
con apprezzabile precisione e soprattutto con rapida efficacia il
sapore stilistico dello spettacolo. “Acqua di Colonia” rientra
nel genere del teatro comico, se non proprio in quello della
commedia, con punte che si potrebbero definire di satira, ma
principalmente si qualifica per il valore aggiunto che il lavoro nel
suo insieme apporta nel superare ogni rigidità di categoria. Questo
surplus si materializza nei termini di una qualità assoluta
degli elementi più primari del teatro, giocata in primo luogo in
ambito autorale grazie ad un testo originalissimo, che dalla scena
pare reclamare continuamente la sua legittimità letteraria
(meritoria la pubblicazione da parte dell'editore Cue Press), sul
quale il talento attorico
di Elvira Frosini e Daniele Timpano rilancia con continuità e misura
debordanti. Il titolo allude in maniera ammiccante all'argomento del
colonialismo italiano, dunque un tema rimosso o meglio “dilavato”
dalle coscienze e dal pensiero. Lo humor graffiante del duo
semplifica scenicamente un lavoro di ricostruzione storiografica che
è rilevante ed appassionato ma anche fine, disseminato nei rivoli
anti-accademici della cultura popolare, dal melodramma alla
canzonetta, dal cinema al fumetto.
Frosini
e Timpano partono da una scena nuda ed informale, ostentando un
atteggiamento bonario che proietta un'aura di familiarità: nella
loro fisicità complementare ci pare di riconoscerli, di averli già
visti chissà quante volte in una qualche sit com o magari in
un programma di varietà, per chi è legato a ricordi leggermente più
agé. L'impaginazione cabarettistica di “Acqua di Colonia”
addenta con velocità febbrile la tematica odierna (l'immigrazione
massiccia dal Sud-Est del Mediterraneo), superando agilmente ogni
prudenza ed ogni equilibrismo intellettuale, ma al contempo vengono
ricomposte le reali dimensioni temporali del fenomeno coloniale,
ovvero del rapporto tra la nostra nazione e l'Africa, di gran lunga
precedente alla parentesi fascista. La scena si allunga, si complica
dal nulla con pochissimi tocchi sapienti, la recitazione si dota di
una seducente solennità, senza mai disperdere il graffio
dell'irriverenza, verso la propria teatralità prima che verso il
pensiero comune. Il duo si scinde nelle funzioni di scena e di
sfondo, non solo sul piano visivo, creando sovrapposizioni recitative
calibratissime fino al confine più sottile del conflitto sonoro.
L'energia del lavoro è sempre altissima, dispendiosa come un numero
da circo servito con la leggerezza del gioco ed il sorriso
smagliante, ma distribuita lungo una temporalità da kolossal
(quasi due ore di spettacolo). Gli argomenti prima aggrediti,
sgravati da semplificazioni oziose e consolazioni apparenti,
subiscono ritorni e raddoppiamenti che suppliscono in termini di
fruizione alla spettacolare velocità d'esecuzione con cui vengono
attraversati. La duplicità è d'altra parte un fattore intrinseco di
“Acqua di Colonia”, spettacolo destinato a far parlare di sé per
i contenuti e le prospettive adottate, ma che -nella sua folgorante
dimensione scenica- merita di non essere limitato alla sfera del
dibattito. Imperdibile.
Paolo
Verlengia
TEATRIONLINE
(Il Portale Italiano dell'Informazione Teatrale)
www.teatrionline.com
ACQUA
DI COLONIA
scritto,
diretto ed interpretato da Elvira Frosini e Daniele Timpano
Consulenza:
Igiaba Scego
Aiuto
regia e drammaturgia: Francesca Blancato
Scene
e costumi: Alessandra Muschella e Daniela De Blasio
Disegno
luci: Omar Scala
Uno
spettacolo di Frosini / Timpano
Produzione:
Romaeuropa Festival, Teatro della Tosse, Accademia degli Artefatti
Con
il sostegno di Armunia Festival Inequilibrio
In
collaborazione con C.R.A.F.T. Centro Ricerca Arte Formazione Teatro
FLORIAN
METATEATRO, Stagione 2016-17, “Teatro d'Autore ed altri linguaggi”
/ “La storia si fa a teatro”
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