LA CATTEDRALE SOMMERSA - Socìetas
Raffaello Sanzio
Con La Cattedrale
Sommersa, Chiara Guidi prosegue nel solco della sua ormai
lunga ricerca sul suono e sulla voce, ove il teatro si fa strumento
di perlustrazione e di scoperta. Il titolo del lavoro riprende
l'immagine centrale di un romanzo -non fra i più popolari- di Philip
K. Dick, il geniale romanziere statunitense, autore di tanti intrecci
distopici da cui Hollywood ha saputo elaborare pellicole gloriose,
oltre che fortunate (da Blade Runner a Minority Report).
Tuttavia, lo spettatore
che si appresti ad assistere a La Cattedrale Sommersa troverà
frustrata ogni attesa fantascientifica, per altro impropria rispetto
agli effetti di cui è titolare il teatro e che riscoprono tutta la
loro pienezza tramite questo tipo di operazioni.
Va subito specificato
infatti che non siamo di fronte all'adattamento de Il Guaritore
Galattico di Dick, né alla rappresentazione o elaborazione di
una delle sue parti. L'idea stessa di rappresentazione viene meno, in
un lavoro che però non punta affatto sullo spaesamento provocatorio.
Lo spettatore de La Cattedrale Sommersa è investito dal primo
all'ultimo minuto da un flusso di segni estremamente denso che
denotano fuori da ogni dubbio la presenza di un lavoro per nulla
estemporaneo.
I segni cui si fa cenno
sono prettamente sonori e corporei, e la composizione che essi
assumono comunica sia la profondità dell'elaborazione (in termini di
scelta del gesto, del tono o del tempo) che la freschezza
dell'improvvisazione (intesa come valore dell'inedito), con il
risultato di una alchimia assolutamente peculiare.
L'azione è corale,
integralmente intrecciata con la partitura vocale che gli attori
sviluppano, ed i momenti di assolo sembrano quasi giocare a
mascherare il singolo interprete più che a ritagliargli una cornice
o a fungere da piedistallo.
Ma il tratto più
distintivo de La Cattedrale Sommersa è che si presenta più
come un'esperienza, per lo spettatore quanto per l'attore, che non
come spettacolo tout court, eppure al contempo si tratta di un
lavoro dotato di una sua formalità completa, tale da renderlo
fruibile anche sul piano meramente estetico. L'azione viene
concentrata in venti minuti di forte impatto sensoriale (si entra in
una dimensione di visibilità completamente diversa rispetto a quella
dell'esperienza ordinaria, solo per nominare l'elemento più
manifesto) e si ripete per tre volte nell'arco della serata, per
quelle che però non sono semplici repliche di una medesima
performance. Lo spettatore che entra nel primo turno assisterà ad un
prova che varierà -più o meno sensibilmente- rispetto a quella che
andrà in atto nel secondo e nel terzo, e laddove possibile è
interessante assistere più di una volta per apprezzare l'arcana
sensazione di una sorta di dejà vu rovesciato.
Non a caso Chiara Guidi
preferisce utilizzare la definizione di “tentativi” (primo,
secondo e terzo tentativo), a sottolineare la condizione umana
dell'esperienza artistica che si propone al pubblico: un doveroso
salto nel buio, un atto incerto, che potrà fallire come potrà aver
successo, apportando conoscenza qualunque sia il suo esito.
Paolo Verlengia
Da "Teatrionline" (Il Portale del Teatro):
http://www.teatrionline.com/2016/08/la-cattedrale-sommersa-societas-raffaello-sanzio/
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