"Caprò"
di Teatro Immediato
Andato
in scena dal 14 al 16 ottobre 2016 presso il Museo delle Genti
d'Abruzzo
Un
lavoro come “Caprò” di Vincenzo Mambella, per la regia e
l'interpretazione di Edoardo Oliva, riesce a sovvertire tutti i
pregiudizi che lo spettatore responsabile del nostro tempo ha
imparato a nutrire verso la forma del monologo, inflazionata per
mille motivi di ordine pragmatico e rigorosamente extra-artistico.
Il
testo di Mambella riversa nella forma del monologo tutta una
polifonia di voci e stimoli che non corrispondono tanto ai personaggi
che pur popolano l'orizzonte della vicenda, quanto alla polisemia
medesima del teatro, quella sua specifica tensione che richiede alla
parola una sfida fisica, tale da reggere la presenza dell'attore e
l'assenza di ogni altro ente.
“Caprò”
è tecnicamente un monologo, ma rifugge ogni secondo dalla
semplificazione, dalla piattezza, dalla sensazione straniante (eppure
così frequente) di una narrativa meramente traslata sulla scena. E'
vera drammaturgia e per suo tramite restituisce immediatamente la
categoria del monologo ai crismi della composizione teatrale.
La
lingua di “Caprò” mastica con ardore tutta la sapidità e tutta
la tortuosità imposta dal sermo quotidiano di un Abruzzo contadino,
immortalato in evo pre-industriale sul tramonto dell'Ottocento. In
questo scenario, è particolarmente apprezzabile l'uso virtuoso che
vien fatto del dialetto, trattenuto dalla facile spettacolarizzazione
o dalla ridicolizzazione alimentata pervicacemente da una pratica
vernacolare che in buona parte del nostro territorio nazionale
difficilmente supera il livello filo-drammatico. Vincenzo Mambella
calibra un idioma che ricorre con equilibrio sensibile al dialetto
puro, come strumento di connotazione teatrale mai fine a se stesso.
Ne viene fuori una lingua dura, tutt'altro che incline al
compiacimento letterario, che al contrario confligge con i suoi
limiti forgiando il significato da una incandescenza rubata al magma
tragico della vicenda.
Ad
onta di ciò, non mancano i momenti di comicità e lo spettacolo
contiene una traccia di ilarità pressoché costante che va oltre il
comico ed oltre l'apicalità delle battute; queste rivelano senso
della scena e dei tempi, ma non esauriscono la vivacità di un testo
che si mantiene godibile ed aperto al riso tramite i paradossi della
logica ed i conflitti creati dal confronto tra le diverse visioni di
mondo, le diverse culture antropiche, le diverse estrazioni sociali.
Su
questo terreno giunge puntuale la prova d'attore di Edoardo Oliva,
chiamato innanzi tutto a dare corpo e credibilità ad una formula
come quella del monologo che -anche quando scritto con perizia ed
ispirazione- dichiara allo spettatore tutta la convenzionalità della
situazione teatrale: con chi è che parla un attore solo in scena e
perché? Tecnicamente la risposta è semplice, nel senso che nel
primo quadro l'interlocutore invisibile è rappresentato dalla madre
del protagonista e nel secondo dalla figura per nulla oleografica di
San Rocco, mentre è tutt'altro che semplice quello che l'attore
compie in scena.
Oliva
in “Caprò” non si limita ad assecondare la ricca tavolozza di
colorazioni e sfumature predisposte da un testo assolutamente
intenso; riesce a riempire senza cali né scarti una partitura fatta
di singhiozzi e respiri oltre che di pieghe e strepiti della carne. E
questi non vengono estratti come numeri di bravura dal repertorio
attorico, ma appartengono titolarmente ad un personaggio che sulla
scena vive e che l'attore ha costruito e nutrito con lavoro metodico,
indefesso, intransigente. Mentre ti inchioda al qui ed ora, la
performance di Oliva dissemina la traccia delle ore compatte e dei
giorni lunghi di prova, spesi a limare il senso ed i sensi, ad
estrarre l'espressione dalle sue zone più profonde, dove il corpo si
fonde con la sostanza di una verità che si fa comune solo mentre
diviene comunicabile.
Ecco
che si riscopre limpido il linguaggio precipuo dell'arte teatrale ed
il suo ruolo specifico, tanto unico e vicino alla condizione umana
quanto mutuabile, equivocabile, facile oggetto di adulterazioni
inconsapevoli. Proprio come la verità.
Ed
ecco che il processo attorico si lega a doppio filo con l'azione del
personaggio, con la fatica sanguigna che esplode dalle braccia di
Caprò, che doma il metallo a colpi energici di martello, ma non
vince il peso della disperazione, della colpa, del passato sulla
fragilità dell'oggi.
E
fragile è anche la pretesa di raccontare, di spiegare l'intrico di
motivazioni che si nasconde dietro i freddi fatti, quasi piccoli e
banali rispetto alla voragine dell'anima, anche quando tragici. Così,
per quanto si aspiri alla comprensione degli uomini, alla ricerca di
riscatto, alle vette del vero, si resta legati alla polvere della
terra per atto di zavorre inesauribili assimilate alla pelle. Di qui,
ogni altrove non può che essere miraggio. O naufragio.
Per
tutto questo insieme di ragioni, chi necessiti della rassicurazione
delle categorie, potrà ben comprendere come “Caprò” non sia
definibile o esauribile quale spettacolo di narrazione, ma unicamente
come teatro tout court. Allo stesso modo si potrebbe
erroneamente dedurre da questa descrizione l'idea di un “teatro
d'attore”, del tutto limitante rispetto ad un lavoro in cui è ben
ravvisabile il disegno compiuto di una regia, che permette tra
l'altro l'intermittenza di momenti tratteggiati, caratterizzati da
una cifra poetica di assoluto effetto.
Paolo
Verlengia
TEATRIONLINE (IL PORTALE ITALIANO DELL'INFORMAZIONE TEATRALE)
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CREDITS
Titolo:
CAPRO'
Testo:
Vincenzo Mambella
Genere:
Monologo
Regia:
Edoardo Oliva
Aiuto:
regia Valeria Ferri
Scenografia
Francesco Vitelli
Effetti
Sonori Globster
Produzione:
Teatro Immediato (Pescara)
In
Scena: Edoardo Oliva
fonte TeatriOnLine: http://www.teatrionline.com/2016/10/capro-di-teatro-immediato/
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