LE
MAGNIFICHE SETTE DI “CITTA'-INFERNO”
Elena
Gigliotti firma un “piccolo kolossal” per sole anti-eroine
Un'onda
anomala che vi punta, vi assale e immancabilmente vi travolge. Ci
travolge, eppure di un dolce naufragare si tratta. Elena Gigliotti è
tornata e con lei gli nO (Dance first. Think later),
qui rimpastati in una formazione tutta al femminile. Un piccolo ma
agguerritissimo plotone di sette attrici, contagiate in scena dalla
quella sorta di febbre che è ormai il linguaggio più immediatamente
riconoscibile della giovane attrice e regista calabrese. E torna la
fragranza densa del kolossal, per proseguire con le citazioni
esterne al teatro: “Città-Inferno”,
con il suo buon paio ore di durata, conserva il passo lungo
già visto nel folgorante “Trenofermo”,
ma anche in “CiaulatotheMoon”
si respirava la consistenza di una fattura fortemente quantitativa
della messinscena. Allo stesso modo, si nota il mantenimento di un
lavoro laboratoriale di fondo, che ha condotto alla definizione del
risultato finale per lenta stratificazione, tramite una regia capace
di dialogare collaborativamente con le attrici.
Cosa
cambia dunque rispetto alla produzione precedente di nO? Non
poco e non troppo, a seconda della prospettiva da cui vogliamo
accingerci all'osservazione. La sonorità territoriale si apre qui ad
un ventaglio ampio di dialetti ed inflessioni, per motivi di coerenza
drammaturgica (si rappresenta la cella di un carcere femminile) ma
non di verismo scenico. Il pastiche linguistico che si
ottiene, mescola la veracità pastosa del meridione e del nordest con
un romanesco di maniera ed un bolognese sopra le righe.
La
trama in “Città-Inferno”
è inoltre più strutturata e si frappone maggiormente rispetto agli
assoli ed alle scene visuali, producendo effetti ambivalenti: non è
più tecnicamente possibile realizzare quel concerto totalizzante di
visioni ed incubi che in “CiaulatotheMoon” apriva improvvisamente
ad insospettate sfumature poetiche, e la selvatichezza doc del popolo
di “Trenofermo” resta irraggiungibile nella sua spettacolarità
cafonal, ma l'intervento dell'apparato musicale e coreografico
è più massivo, più puntuale e seducente in quest'ultimo lavoro,
quasi a compensare l'inerzia di una trama -diremo- classica
per compiutezza, linearità e leggibilità di "inizio sviluppo e fine",
che Elena Gigliotti trasla in scena dal film “Nella città
l'inferno” di Renato Castellani (1958).
I
personaggi di “Città-Inferno” vengono altresì rieditati ex-novo
attraverso l'introduzione del materiale storico (e drammaturgicamente
tragico) che viene estrapolato da fatti di cronaca più o meno noti.
Ciò impone alla scrittura ed alla regia un impegnativo lavoro di
contro-bilanciamento, tramite il ricorso diffuso allo strumento
dell'ironia, rendendo oggettivamente più difficile per lo spettacolo
il raggiungimento delle note emozionali e dei toni lirici: la vicenda
scava da sé una fisiologica distanza con lo spettatore, i personaggi
tendono ad irrigidirsi ed a schiacciarsi sul profilo della
macchietta.
Insomma,
il soggetto poneva difficoltà oggettive, accompagnate dalla non meno
infida tentazione di cedere alle soluzioni più facili per guadagnare
il consenso del pubblico, il che rende “Città-Inferno” un banco
di prova dal coefficiente decisamente alto e dal valore assolutamente
importante nel percorso della compagnia. I risultati, che si tenterà
di sintetizzare qui di seguito (lasciando molti non detti per ragioni
di mera misura testuale), sembrano affermare piuttosto pacificamente
il superamento soddisfacente del test, che ha messo in luce doti di maturità
artistica, oltre che di “semplice” brillantezza. Le esigenze di
narrazione e la coralità complessiva del lavoro non impediscono, ad
esempio, imperdibili assoli, su cui spicca la performance di una
Melania Genna da Oscar nel ruolo di "Enza", per indulgere sui prestiti dal gergo
del cinema. Ma come dimenticare -procedendo in ordine sparso- la
tremula ambiguità di Rachele Cannella ("Ester"), la lunaticità stralunata di
Daniela Vitale ("Teresa"), la profondità drammatica e realistica di Carolina
Leporatti ("Lina"), la versatilità giullaresca di Elisabetta Mazzullo ("Zucco") e la
capacità di rincardinare istantaneamente i toni sulle corde della
commedia assicurata tatticamente da Demi Licata ("Moby Dick" - sarebbe
azzeccatissima, tra l'altro, l'idea di una linea di gadgets ispirata
ai singoli personaggi di “Città-Inferno”, come avvenne per i
protagonisti di “Trainspotting” o le eroine di “Kill Bill”).
Elena Gigliotti ("Cicci"), da attrice -nata con il dna della primattrice- va a lavorare sui vuoti, sulle pose, sulla crudezza dei silenzi e dei mugugni almeno quanto sulla prepotenza delle battute, ritagliandosi un ruolo solo fintamente protagonistico e costantemente funzionale, in verità, al gioco d'insieme. Da autrice e da regista, conferma il suo famelico istinto visuale, che motiva i parallelismi con il cinema ma che non si limita alla citazione cinematografica: lo spettacolo ospita con studiata creatività scenotecnica una serie di proiezioni video in rigoroso bianco e nero -che ora spezzano il recitato, ora creano sovrapposizioni calibrate- secondo una ricetta eterogenea ormai tipica del marchio nO, ma c'è una più generale attenzione -altrettanto tipica- verso il linguaggio non verbale, che trova il suo picco nelle ormai mitiche partiture fisiche firmate Gigliotti.
La matrice spiccatamente performativa dello spettacolo plasma la scena secondo le linee di un disegno paradossale che taglia in due la superficie del palco: l'azione drammaturgica è curiosamente relegata in un angolo angusto (si tratta pur sempre di una cella, suvvia!), mentre un'abbondante metà dello spazio viene lasciata libera per un territorio polivalente che con l'accumularsi dei minuti assumerà connotati sempre più liquidi ed ipnotici, divenendo quasi il fondo di uno specchio magico, dietro e dentro al quale prendono forma le fughe oniriche (ed in qualche caso fisiche) delle carcerate. Qui fugge e si ripara anche l'azione drammatica, lasciando dietro le sbarre la storia e la parola, per concedersi a momenti di tripudio corporeo e di plastica leggerezza, che valgono come battiti alati, distesi sugli attimi illimitati di una libertà tutta immaginaria.
Elena Gigliotti ("Cicci"), da attrice -nata con il dna della primattrice- va a lavorare sui vuoti, sulle pose, sulla crudezza dei silenzi e dei mugugni almeno quanto sulla prepotenza delle battute, ritagliandosi un ruolo solo fintamente protagonistico e costantemente funzionale, in verità, al gioco d'insieme. Da autrice e da regista, conferma il suo famelico istinto visuale, che motiva i parallelismi con il cinema ma che non si limita alla citazione cinematografica: lo spettacolo ospita con studiata creatività scenotecnica una serie di proiezioni video in rigoroso bianco e nero -che ora spezzano il recitato, ora creano sovrapposizioni calibrate- secondo una ricetta eterogenea ormai tipica del marchio nO, ma c'è una più generale attenzione -altrettanto tipica- verso il linguaggio non verbale, che trova il suo picco nelle ormai mitiche partiture fisiche firmate Gigliotti.
La matrice spiccatamente performativa dello spettacolo plasma la scena secondo le linee di un disegno paradossale che taglia in due la superficie del palco: l'azione drammaturgica è curiosamente relegata in un angolo angusto (si tratta pur sempre di una cella, suvvia!), mentre un'abbondante metà dello spazio viene lasciata libera per un territorio polivalente che con l'accumularsi dei minuti assumerà connotati sempre più liquidi ed ipnotici, divenendo quasi il fondo di uno specchio magico, dietro e dentro al quale prendono forma le fughe oniriche (ed in qualche caso fisiche) delle carcerate. Qui fugge e si ripara anche l'azione drammatica, lasciando dietro le sbarre la storia e la parola, per concedersi a momenti di tripudio corporeo e di plastica leggerezza, che valgono come battiti alati, distesi sugli attimi illimitati di una libertà tutta immaginaria.
Paolo
Verlengia
“Città-Inferno”
di nO (Dance first. Think later)
FLORIAN ESPACE, Pescara, 25-26 Novembre 2016
FLORIAN ESPACE, Pescara, 25-26 Novembre 2016
con
Rachele
Canella ("Ester"), Melania Genna ("Enza"), Elena Gigliott ("Cicci")i, Carolina Leporatti ("Lina"), Demi
Licata ("Moby Dick"), Elisabetta Mazzullo ("Zucco"), Daniela Vitale ("Teresa") e con Maurizio Lombardi
nel ruolo delle Suore (voce off)
Drammaturgia:
Elena Gigliotti
Regia
e Partiture Fisiche: Elena Gigliotti
Regista
Assistente: Dario Aita
Scene:
Carlo De Marino
Costumi:
Carlo De Marino, Giovanna Stinga
Disegno
Luci: Giovanna Bellini
Editing
Audio: Claudio Corona Belgrave
Progetto
Video: Daniele Salaris
Strutture
Ferrose: Anelo97
Produzione:
Cardellino
srl/ Fondazione Luzzati Teatro Della Tosse/ nO (Dance first. Think
Later)
FLORIAN
METATEATRO, Stagione 2016-17
“Teatro d'Autore ed altri linguaggi/Corpo di Scena”
in collaborazione con MAGfest
“Teatro d'Autore ed altri linguaggi/Corpo di Scena”
in collaborazione con MAGfest
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