TIERGARTENSTRASSE
4 – UN GIARDINO PER OFELIA (Khora Teatro)
Andato
in scena il 4 e 5 febbraio 2017 al Florian Espace, Pescara
“T4
– Un giardino per Ofelia” è uno spettacolo che dispiega in
maniera quasi espositiva le doti registiche di Daniele Muratore,
benché si riferisca soltanto ad uno dei suoi molteplici ambiti
d'azione, cui si è aggiunto negli ultimi anni il campo delle
collaborazioni in importanti format televisivi nazionali.
In
questo allestimento si può riconoscere la passione per i temi
sociali, che vede Muratore impegnato in progetti ministeriali per il
coinvolgimento di detenuti o di anziani in attività creative e
culturali, e che rientra in una più generale riflessione sul
modello di un teatro aggiornato alle modalità sociali e comunicative
dell'oggi. Il testo scritto da Pietro Floridia si inserisce nel
genere della drammaturgia di argomento storico, pur mantenendosi
abbondantemente al di qua delle forme del teatro documentario.
L'attenzione dell'autore è anzi fortemente catalizzata dal tentativo
di veicolare nelle dinamiche del gioco scenico un materiale dalla
consistenza grave. La pièce porta infatti alla luce una delle
pagine forse meno conosciute, di certo tra le meno esplorate del
disegno nazista: T4 (abbreviazione dell'indirizzo berlinese dove era
situato l'istituto pubblico per la salute e l'assistenza) era la
sigla che “riduceva ad icona” un programma di eugenetica mirato
alla purezza della razza tramite l'eutanasia delle “vite indegne di
essere vissute”, ovvero quelle dei portatori di malattie mentali e
genetiche inguaribili.
La
scena presenta l'aspetto scarno che si addice ad una messinscena
contemporanea, posteriore ad ogni intento naturalistico, ma pur nella
sua minimalità appare pienissima nel corso dello spettacolo, poiché
il suo schema deriva da un piano di regia preciso e completo. Così,
oltre alla fisicità degli oggetti di scena (una variopinta carriola
in legno ed una sedia dello stesso materiale), prendono forma
anticamere e mutamenti di luogo immateriali, tratteggiati da un
utilizzo funzionale della luce, ma predisposti già da un sistema di
direzioni recitative deformate, da cui traggono giovamento
soprattutto i dialoghi. Il testo di Floridia si costringe -per le
ragioni dette poc'anzi- a ricorrere ad alcuni cliché,
evocando inevitabili déjà vu ma riuscendo complessivamente a
confezionare un intreccio finanche godibile, dove un velo di commedia
traghetta il pubblico lungo il tratto più lungo dell'azione,
lasciando incombere sullo sfondo le ombre inquiete del tragico.
L'invenzione che permette l'innesco di questa chiave “leggera” è
il filtro di ingenuità imposto sulla realtà fattuale dal
personaggio di Ofelia, una giovane affetta da disabilità mentale, ma
estremamente socievole e loquace, il che trova la sua utilità
tangibile in termini teatrali. La misura ed il come della sua
misinterpretazione dettano i tempi drammaturgici, così come il
finale è risolto dalla sua presa di coscienza.
Ciò
fa della protagonista più una funzione drammaturgica che un
personaggio e questo passaggio ricade sul linguaggio che
impasta le sue battute, ma lo spettacolo ha l'abilità di abbandonare
ogni vincolo stretto di logica, per affidarsi alla guida dell'istinto
scenico. Così appare poco leggibile in termini logici ed ancor più
filologici l'impiego delle canzoni di Edith Piaf (eseguite
magistralmente in scena da Serena Ottardo) che però sprigionano
tutta la loro energia sotto forma di effetto straniante nelle
scene e tra le scene della pièce. L'importanza della musica
nello spettacolo è d'altronde fisicizzata dalla presenza sul
palcoscenico di Marco Polizzi, impegnato ad intessere con il tocco
del suo contrabbasso un tappeto sonoro che accompagni la parola e
l'azione delle attrici. In questa interazione, la musica supera ogni
funzione estetizzante o di intermezzo, per farsi strumento scenico
che demarca le singole sequenze drammaturgiche, segnando il tempo
cronologico interno alla vicenda, il che acquisisce una consistenza
quasi visibile e quasi tattile nell'economia di un allestimento che
non prevede l'uso delle quinte, pur vivendo di cambi e di svolte.
Barbara Giordano offre una performance di notevole dispendio
energetico che va ad innervare una prova di grande accuratezza
attorica, sostenendo senza sbavature né soste un personaggio che le
impone la ricerca costante di un linguaggio corporeo e verbale
fortemente connotato, rigovernandolo entro gli argini della coerenza
e lontano dal terreno della macchiettizzazione. Serena Ottardo, nei
panni della combattuta infermiera Gertrud, completa il quadro con una
recitazione che si può definire musicale a più livelli, fatta di
pose e movimenti eleganti, oltre che di variazioni trattenute ma
tecnicamente pregevoli, attorno a cui ruota lo sviluppo della
vicenda. Così, l'elemento che colpisce maggiormente in questo
spettacolo è dato proprio dalla presenza di un piano di regia
fortemente formalizzato che poggia armonicamente sulla prova di
assoluto rilievo assicurata dalle interpreti.
Paolo
Verlengia
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CREDITS:
“Tiergartenstrasse
4, - Un giardino per Ofelia”
con
Barbara Giordano e Serena Ottardo
al
contrabbasso Marco Polizzi
Regia:
Daniele Muratore
Scene:
Bruno Buonincontri
Produzione:
Khora Teatro
Florian
Metateatro - Stagione 2016-17 “Teatro d'autore ed altri linguaggi /
Drammaturgia contemporanea”
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